Jacopo Sansovino nacque a Firenze il 2 luglio 1486. Il suo vero nome era Jacopo Tatti, ma è conosciuto col toponimico del suo maestro, Andrea Contucci detto il Sansovino.
Probabilmente col maestro, Jacopo Tatti detto il Sansovino giunse a Roma dove nel 1503 iniziò la realizzazione del monumento funebre del cardinale di Sant’Angelo nella chiesa di San Marcello al Corso.
Poi, su commissione di Giovanni Bartolini, scolpì il Bacco, statua destinata alla villa di Gualfonda.
In seguito, assieme ad altri scultori, lavorò per la cattedrale di Firenze dove furono scolpite una serie di statue raffiguranti gli Apostoli: il 20 giugno del 1511 l’Opera del Duomo commissionò a Jacopo Sansovino, la realizzazione di una di queste statue ovvero il San Giacomo Maggiore.
L’incarico gli fu affidato a seguito di un concorso che vide in gara anche Baccio da Montelupo e Zaccaria da Volterra. L’opera, iniziata nel 1511, pare sia stata terminata nel 1514.
Nel 1565, in occasione del matrimonio tra Giovanna d’Austria e Francesco de’ Medici, le statue degli Apostoli furono temporaneamente collocate all’interno del duomo. Pochi anni dopo, nel 1573, furono avviati i lavori per la realizzazione di appositi tabernacoli destinati a contenere le statue degli Apostoli.
La statua del San Giacomo Maggiore, realizzata dal Sansovino subito dopo il suo rientro da Roma, mostra influenze michelangiolesche nella posa e nel virtuosismo dei panneggi.
Un’altra statua di San Giacomo Maggiore, opera sempre del Sansovino, fu collocata nel 1882, nella chiesa nazionale spagnola di Santa Maria di Monserrato a Roma: l’opera era stata realizzata su commissione del cardinale Jaume Serra (morto nel 1517) per la sua cappella a Santiago di Compostela.
Nel 1510 Sansovino tornò a Firenze dove rimase fino al 1518, quando si trasferì di nuovo a Roma.
A seguito del Sacco di Roma, nel 1527 fuggì a Venezia dove dimorò stabilmente e strinse rapporti di amicizia con Tiziano e con Pietro Aretino: i due artisti gli suggerirono di non arrendersi alle lusinghe della corte di Francia, né a quelle di Sebastiano del Piombo e dei prelati romani per il ritorno a Roma.
Nel 1534 scolpì la Madonna col Bambino nell’atrio della Galleria dell’Arsenale a Venezia. Successivamente lavorò a Padova dove nella basilica del Santo, terminò il rilievo marmoreo, interrotto dalla morte di Antonio Minelli e scolpì l’altro della Miracolosa guarigione della giovane Carilla.
Subito dopo aver iniziato quest’opera che terminò molto tempo dopo, a Venezia progettò la libreria di S. Marco, iniziò la costruzione della “Loggetta al Campanile” e nel 1537 gettò i rilievi in bronzo per il pergolo di destra nel presbiterio della basilica.
Nel 1544 realizzò il secondo gruppo delle Storie di San Marco, per il pergolo di sinistra, mentre nove anni dopo, fuse in bronzo la porta della sagrestia della basilica.
Nel 1550 ricevette la commissione di una statua raffigurante Ercole, dal duca di Ferrara: la statua, terminata nel giugno 1553, fu collocata inizialmente nella piazza dell’antica Rocca a Brescello ma, dopo la distruzione della fortificazione avvenuta nel 1704, l’opera fu abbandonata.
Soltanto nel 1727 fu riportata al centro dell’attuale piazza Matteotti dove è ora visibile una sua copia. La statua originale è conservata ed esposta presso il Museo Archeologico Romano, nel Centro Culturale San Benedetto.
Nel 1554 a Sansovino fu affidata l’esecuzione di altre due statue da collocare sullo scalone del Palazzo ducale: terminate negli anni 1566-1567 raffigurano Marte e Nettuno.
Nello stesso periodo, consegnò al fonditore il modello in cera per la statua raffigurante Tommaso Rangone da collocare sul portale di San Giuliano.
Mentre proseguiva notevolmente l’attività scultorea, con quella di architetto, Jacopo Sansovino diede un contributo fondamentale al rinnovamento di Venezia. Elaborò progetti per:
- la costruzione del grande edificio della scuola di S. Maria di Val Verde e della Misericordia;
- la chiesa di S. Francesco delle Vigne;
- la riedificazione della Zecca prospiciente il Molo;
- il palazzo della Libreria di San Marco.
Su disegni di Jacopo Sansovino fu iniziata la costruzione del nuovo palazzo Cornero, della “Ca’ Grande” a S. Maurizio sul Canal Grande. Si ricostruì inoltre la chiesa di San Gimignano al fondo della Piazza di S. Marco.
Fu inoltre realizzata una parte delle Fabbriche nuovissime di Rialto, prospicienti il Canal Grande e sotto la sua direzione.
Si diede poi avvio ai restauri del palazzo dei duchi d’Urbino a Venezia e della cupola della Cappella emiliana in S. Michele in Isola.
In seguito, Jacopo Sansovino fu nel Cadore, a Belluno, dove la sua opera fu richiesta per mappe topografiche, mentre a Vicenza fu consulente sulla ricostruzione del Palazzo comunale ed esaminatore delle condizioni della tribuna del duomo.
Altri lavori eseguì a Firenze, alla corte di Cosimo I. A Padova fu consultato per la tribuna della cattedrale, a Pola per i restauri all’antica chiesa di S. Maria Formosa o del Canneto, a Brescia per il compimento del palazzo del Comune.
La sua opera architettonica a Venezia fu un modello per tutti coloro che arrivavano a Venezia magnificamente rinnovata, non solo di edifici, ma d’altari, di cori, di absidi, di mausolei, come quelli del vescovo Livio Podocataro nella chiesa di Sebastiano e quella del doge Francesco Venier nella chiesa di San Salvadore.
Contemporaneamente all’attività architettonica, notevole fu pure la realizzazione di sculture:
- la Sacra Conversazione del Museo di Stato a Berlino
- il Cristo risorto nel Museo Nazionale di Firenze
- i camini della villa Donà delle Rose
- la figura del vescovo Livio Podocataro, composta in augusto atteggiamento di pace nel mausoleo di San Sebastiano
- la Speranza del mausoleo Venier, esempio di ritmica eleganza per la sovrana dignità della posa e ci fornisce l’ultima incarnazione del suo ideale di bellezza classica, sereno e profondo.
Mentre tante sue opere di scultura adornavano Venezia, la città veniva magnificamente ingrandita dal “proto” di San Marco, che non solo nell’interno della basilica lavorò a rafforzare la cupola e la tribuna dell’abside, ma all’esterno sistemò decorosamente la Piazzetta, la prossima Pescaria, la Beccaria, Calle Largo di S. Marco e la grande piazza stessa.
A Venezia, città dove nel 1529 era stato nominato Proto della Repubblica, cioè massimo architetto, mantenne tale carica fino alla morte, avvenuta il 27 novembre 1570.
Opere di Jacopo Sansovino
Sculture
Monumento funebre di Giovanni Michiel, cardinale di Sant’Angelo, 1503, marmo, larghezza cm 410, chiesa di San Marcello al Corso, Roma,
Bacco, 1515, marmo, altezza 146 cm, Museo Nazionale del Bargello, Firenze,
Madonna del Parto, 1516-1521, marmo, chiesa di Sant’Agostino in Campo Marzio, Roma,
Sacra Conversazione, 1530 circa, terracotta, Staatliche Museen, Berlino,
San Giovanni Battista, 1534-1540, marmo, basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia,
San Giacomo Maggiore, marmo, cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze,
San Giacomo Maggiore, marmo, chiesa di Santa Maria di Monserrato, Roma,
Madonna col Bambino, 1534, marmo, atrio della Galleria dell’Arsenale, Venezia,
Miracolosa guarigione della giovane Carilla, basilica del Santo, Padova,
Storie di San Marco, 1537-1544, bronzo, basilica di San Marco, Venezia,
Ercole, 1550, marmo, Museo Archeologico Romano, Brescello,
Marte e Nettuno, 1566-1567, marmo, scalone del Palazzo ducale, Venezia.
Architetture
Palazzo Corner della Ca’ Granda, 1532, Venezia,
Chiesa di S. Francesco delle Vigne, 1534-1554, facciata di Andrea Palladio, 1564,
Scuola nuova di Santa Maria della Misericordia, 1534-1583, Venezia,
Palazzo Dolfin Manin, 1536, Venezia,
Libreria Marciana, 1537-1588, Venezia,
Loggetta del Sansovino, 1537-1549, Venezia,
Palazzo della Zecca, 1537-1545, Venezia,
Villa Garzoni, 1540, Pontecasale, frazione del comune di Candiana, nella provincia di Padova,
Chiesa di San Zulian, 1553, Venezia.
Opere di Jacopo Sansovino
Monumento funebre di Giovanni Michiel, cardinale di Sant’Angelo
Datazione: 1503,
misure: larghezza cm 410,
tecnica: scultura in marmo,
collocazione: chiesa di San Marcello al Corso, Roma.
La chiesa di San Marcello al Corso è una chiesa di Roma, situata a Via del Corso, nei dintorni di Piazza Venezia: l’edificio sacro fu costruito secondo la tradizione sopra la prigione di Papa San Marcello I (308-309) e dal 1369 è affidato all’Ordine dei Servi di Maria.
Il 22 maggio 1519, la chiesa fu distrutta da un incendio: si salvò soltanto un crocifisso del XIV secolo che è tuttora molto venerato.
Per la ricostruzione fu coinvolto inizialmente Jacopo Sansovino che, a seguito del Sacco di Roma del 1527, fuggì, però dalla città e i lavori furono portati avanti da Antonio da Sangallo il Giovane.
La facciata fu invece realizzata successivamente, in piena epoca barocca, soltanto negli anni 1692-1697, su progetto dell’architetto Carlo Fontana.
A sinistra dell’ingresso, è presente il monumento funebre al cardinale Giovanni Michiel (Venezia, 1446-Roma, 11 aprile 1503), avvelenato a Castel Sant’Angelo: opera di Jacopo Sansovino, presenta un alto basamento dove si può notare un’iscrizione posta al centro e inserita all’interno di una cornice modanata e fiancheggiata da due geni con faci rivolte a terra e stemma.
Al centro, sul basamento, è scolpita la figura distesa del vescovo Orso, raffigurata su un letto sorretto da due sfingi e libri affastellati.
Due riquadri posti ai lati, fanno da cornice a uno stemma che ritroviamo inserito tra specchiature rettangolari con decorazioni vegetali.
Sopra è un’altra figura semidistesa: inserita all’interno di un arco, con breve iscrizione al centro tra ghirlande, rappresenta il cardinale Giovanni Michiel.
In alto un rilievo ci mostra la Madonna che allatta il Bambino e ai lati due teste di cherubini. A completare il monumento, troviamo infine, ai lati, due nicchie nelle quali sono le statue di San Pietro, a sinistra, e San Paolo, a destra.
Ai lati del rilievo con la Madonna, a sinistra è raffigurato invece San Giovanni Battista e a destra San Michele arcangelo con il demonio.
Sopra la trabeazione è decorata con teste di cherubini e cornice ad ovuli. Inoltre, è presente un fastigio con angeli, stemma centrale e due torce ai lati.
Bacco
Datazione: 1515,
misure: altezza cm 146,
tecnica: scultura in marmo,
collocazione: Museo Nazionale del Bargello, Firenze.
Il Bacco di Jacopo Sansovino fu concepito come una statua da giardino in un contesto storico nel quale era dominante la cultura neoplatonica ficiniana e assieme al David-Apollo di Michelangelo e al Bacco del Bandinelli, adornava l’appartamento di Cosimo I.
Nella statua del Bacco di Jacopo Sansovino, si notano varie influenze: la formazione nella bottega di Andrea Sansovino e forse anche in quello di Nanni Unghero, la conoscenza dell’ambiente romano e lo studio della scultura classica.
Modelli di riferimento furono senz’altro due opere di Raffaello Sanzio: l’Apollo e Marsia ed il Giudizio di Salomone, nella Stanza della Segnatura.
Gli aspetti più discussi di quest’opera riguardano i rapporti con il Bacco di Michelangelo e la possibile derivazione da un modello antico: nel 1864 il Perkins la definì “una delle migliori statue mai concepite secondo lo spirito antico” e dopo oltre un secolo e mezzo dalla pubblicazione del ‘Museum florentinum’ del Gori, nel 1897 la statua del Sansovino fu inclusa tra le iconografie antiche di Dioniso, nel repertorio di statuaria greca e romana.
Anche se non sono noti modelli certi, la derivazione dall’antico è evidente: Daniela Gallo individuò possibili riferimenti in uno dei Dioscuri di Montecavallo, per la raffigurazione del satirello, mentre nell’Apollo del Belvedere, ipotizzò il principale spunto per il Bacco.
Nel corso dei secoli, la statua riscosse molto successo, come documentato dalle numerosissime riproduzioni e derivazioni in materiali di diverso genere: disegni, dipinti, bronzetti e sculture, esaustivamente riportate da Daniela Gallo.
Madonna del Parto
Datazione: 1516-1521,
tecnica: scultura in marmo,
collocazione: chiesa di Sant’Agostino in Campo Marzio, Roma.
Nella basilica di Sant’ Agostino in Campo Marzio, nel rione Sant’Eustachio, è posta una statua raffigurante la Madonna col Bambino, comunemente nota come Madonna del Parto: opera di Jacopo Sansovino che la scolpì tra il 1516 e il 1521, su commissione della famiglia Martelli di Firenze.
Secondo un’antica leggenda romana, l’opera sarebbe stata scolpita riutilizzando un’antica statua romana raffigurante Agrippina che tiene in braccio il piccolo Nerone: questa leggenda diffusa fino al XIX secolo, contribuì a rendere popolare quest’immagine della Madonna che fu poi ritenuta miracolosa e considerata come la protettrice delle donne incinte.
Tale culto si fa risalire al secondo decennio dell’Ottocento ed è forse legato alla preghiera quotidiana di un giovane operaio, Leonardo Bracci, la cui moglie aspettava un bambino.
Dopo la nascita, a testimonianza di eterna gratitudine, il giovane chiese al sagrestano che facesse ardere ininterrottamente, a sue spese, una lampada a olio davanti alla statua della Madonna.
Nell’Ottocento tale fu la devozione alla statua che il poeta romano Giuseppe Gioachino Belli le dedicò un sonetto, nel quale criticava l’usanza di arricchire la statua con una gran quantità di gioielli, che presentava quindi un aspetto troppo sfarzoso e poco adatto ad un’opera religiosa.
La fama e la notorietà della Madonna del parto fu consolidata da Papa Pio VII che nel 1822 decise di concedere l’indulgenza a tutti coloro che avessero baciato il piede che sporge dall’ampio panneggio della Vergine: a seguito di tale pia pratica, il piede di marmo fu quindi inevitabilmente sostituito con un piede di argento.
Sacra Conversazione
Datazione: 1530 circa,
tecnica: terracotta,
collocazione: Staatliche Museen, Berlino.
Nella Sacra Conversazione di Berlino, la Madonna è raffigurata in piedi davanti a un trono con Cristo bambino: a sinistra una santa, forse Santa Caterina d’Alessandria e San Giacomo, a destra San Francesco d’Assisi e Santa Chiara.
Il soggetto religioso è qui trattato in modo innovativo: il tema della Sacra Conversazione era infatti spesso raffigurato non su rilievi scultorei, ma su dipinti che costituivano pale d’altare caratterizzate da sfondi dorati irreali o tessuti broccati.
Invece Jacopo Sansovino conferì profondità alla scena, realizzando teste quasi completamente a tutto tondo e utilizzando uno sfondo architettonico stratificato in prospettiva.
Anche il materiale utilizzato è inusuale: l’artista utilizzò infatti l’argilla cotta, che, per la sua incastonatura bianca, riusciva ad evocare il carattere di una scultura in marmo.
Parti dell’architettura che fa da sfondo, così come i sandali delle figure, la croce di Santa Chiara e il libro di San Francesco mostrano tracce di quella che fu probabilmente la doratura originaria.
San Giovanni Battista
Datazione: 1534-1540,
tecnica: scultura in marmo,
collocazione: basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia.
La statua di San Giovanni Battista fu scolpita per l’altare della comunità fiorentina all’interno della basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari e successivamente fu spostata nella cappella Corner dove fu collocata sull’acquasantiera donata alla chiesa da Daniele Giustiniani nel 1721 e trasformata in fonte battesimale e in seguito rimosso e posto nella sua collocazione odierna come statua battesimale nella cappella Corner.
L’opera fu iniziata tra il 1534-1537 e fu conclusa entro il 1540. La statua riporta sul marmo anche la firma dell’artista: “Iacobus Sansovinus Florentinus faciebat”.
In questa statua si riscontra una sottile e compiaciuta abilità tecnica dell’artista che nel marmo scolpì il vello di pecora indossato da San Giovanni Battista e con altrettanto virtuosismo, le diverse piante intorno al tronco d’albero.
Inoltre, va osservata la postura ben studiata, che in una torsione armonica, si sviluppa partendo dal piede destro e concludendosi nella testa lievemente reclinata.
Tale postura conferisce alla figura molta scioltezza e un’intonazione dolcemente patetica che è bene espressa anche nel volto che mostra tratti facciali delicati e appena segnati dalla bocca semichiusa, mentre un lieve aggrottarsi delle ciglia le conferisce un languido accento espressivo.
Ercole
Datazione: 1550,
tecnica: scultura in marmo,
collocazione: Museo Archeologico Romano, Brescello.
La statua del Museo Archeologico Romano di Brescello, in provincia di Reggio Emilia, raffigura Ercole barbuto, ancora prestante ma in riposo: evidente è un riferimento, sia pure lontano, all’Ercole Farnese, scultura ellenistica in marmo, copia del bronzo di Lisippo (IV secolo a. C.).
Quest’opera riscosse notevole successo, come testimoniato dalle numerose riproduzioni eseguite, in vari materiali e misure, nel XV e nel XVI secolo.
La statua di Ercole, opera di Jacopo Sansovino, era in origine nella centrale piazza Giacomo Matteotti di Brescello, dove è attualmente collocata una copia.
Ercole è raffigurato con la testa reclinata a sinistra, mentre i capelli e la barba mostrano ciocche ondulate a ricciolo.
Notevoli i dettagli: sulla fronte è scolpito il segno di una ruga e al centro dell’anadema intrecciato, è raffigurato un fiore.
Particolarmente espressivo e dalla possente muscolatura, nudo e in piedi, presso un tronco spezzato, sulla spalla è appoggiata una pelle di leone, tenuta ferma dalla mano sinistra, e aderente posteriormente al corpo.
Con la mano destra impugna invece la clava che poggia a terra, mentre le gambe sono leggermente divaricate con la destra lievemente avanzata.
La statua del borgo di Brescello, anticamente Brixellum col suo importante porto fluviale sulla riva destra del Po, fu citata da Plinio ed era identificata sia come Ercole Benefattore, simbolo di buon governo, di magnificenza e di potere, formidabile strumento di propaganda e di autocelebrazione, sia come Pasquino, l’autore di satire in versi o in prosa che presero di mira le autorità e che continuarono fino al secondo dopoguerra del secolo scorso.
La statua fu voluta dal Duca Ercole II d’Este: la commissione dell’opera risale al 1550 e nel giugno 1553 risulta già terminata.
Inizialmente la statua fu posta nella piazza dell’antica Rocca, ma in seguito alla distruzione della fortificazione avvenuta nel 1704, l’opera fu abbandonata.
Libreria Marciana e Loggetta del Sansovino
Datazione: 1537-1588,
collocazione: piazza San Marco, Venezia.
A partire dal 1536 fu affidata a Jacopo Sansovino la ristrutturazione di piazza San Marco a Venezia, luogo in cui erano situati gli edifici dove si svolgevano le principali attività politiche, culturali ed economiche della Serenissima.
Presupposto fondamentale di quest’operazione urbanistica fu l’integrazione delle architetture da costruire ex novo (loggette, libreria, zecca) con i prestigiosi monumenti preesistenti (Palazzo Ducale, basilica, campanile, torre dell’orologio).
Sansovino iniziò i lavori con il completamento delle Procuratie Vecchie, sede della più alta magistratura della Repubblica veneta, e con l’arretramento dell’ala che si addossava al campanile di San Marco (le Procuratie Nuove, costruite da Scamozzi tra il 1582 e il 1585 seguendo l’allineamento indicato da Sansovino): quest’operazione diede alla piazza maggiore ampiezza e regolarità.
La parte più composita dell’intervento sansoviniano è la Libreria Marciana destinata ad accogliere i libri donati alla Repubblica dall’umanista cardinale Bessarione.
Sansovino collocò la biblioteca al primo piano, ottenendo a livello della piazza un lungo porticato a disposizione pubblica.
La Libreria si articola su due ordini classici, dorico e ionico, che individuano rispettivamente il portico ad ampie arcate del piano terra e la loggia al primo piano. A coronamento del doppio ordine è posta la balaustra decorata con statue e obelischi.
Il risultato è un edificio di grande effetto scenografico, nel quale l’imponenza delle masse architettoniche si alleggerisce grazie a un sapiente uso pittorico dei vuoti e dei pieni delle strutture.
Altro edificio progettato da Jacopo Sansovino per piazza San Marco è la Loggetta che è una costruzione fortemente connotata da un ricco apparato plastico (statue bronzee, bassorilievi, balaustre), che ebbe la funzione di sfumare il netto contrasto tra l’accentuata verticalità del campanile e l’andamento orizzontale della Libreria.
Bibliografia
H. Weihrauch, Studien zum bildnerischen Werke des J. Sansovino, Strasburgo, 1955;
G. Mariacher, Il Sansovino, Verona, 1962;
M. Tafuri, Jacopo Sansovino e l’architettura del Cinquecento a Venezia, Padova, 1969;
M. E. Avagnina, V. Pianca (a cura di), Daniela Gallo (a cura di), Jacopo Sansovino: il Bacco e la sua fortuna, Firenze 1986;
Jacopo Sansovino a Vittorio Veneto, Treviso, 1989;
Bruce Boucher, The sculpture of Jacopo Sansovino, Londra 1991;
Manuela Morresi, Jacopo Sansovino, Milano 2000;
Massimo Bonelli e Maria Grazia Vaccari (a cura di), Jacopo Sansovino: la Madonna in cartapesta del Bargello: restauro e indagini, Roma 2006.