Luigi Vanvitelli nacque a Napoli il 12 maggio 1700: il padre, Gaspard van Wittel, era un pittore olandese vedutista che gli insegnò a dipingere.
Oltre a dedicarsi all’architettura, Luigi Vanvitelli realizzò così anche alcune opere pittoriche: a Viterbo, nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, sul soffitto del presbiterio è un suo affresco che risale al 1730 e raffigura Abacuc, l’Angelo e Daniele nella fossa dei leoni.
A Roma, nel rione Trastevere, realizzò invece alcuni dipinti per decorare la Cappella delle Reliquie, cappella della basilica di Santa Cecilia in Trastevere, da lui stesso progettata.
Sempre a Roma, Luigi Vanvitelli strinse rapporti di collaborazione con l’architetto Nicola Salvi, noto in particolare per essere stato il progettista della Fontana di Trevi: assieme a lui prolungò la berniniana facciata di Palazzo Odescalchi.
Dopo la nomina come Architetto Camerale con competenza nel territorio di Frascati, avvenuta nel 1730, Luigi Vanvitelli lavorò per la prima volta come ingegnere idraulico nella realizzazione dell’acquedotto di Vermicino, un condotto che si snoda per un tratto di poco più di due chilometri, dalla sorgente di Ciampino, nel territorio di Grottaferrata, a Vermicino, sulla strada di Frascati e si conclude con una tana. Anche quest’opera fu realizzata con la collaborazione dell’architetto Nicola Salvi.
Oltre allo studio dei monumenti romani, di Vitruvio e dei trattatisti del Cinquecento, diversi furono i progetti architettonici che Vanvitelli elaborò a Roma e in altre città: a Roma, nel 1730, partecipò al concorso per la facciata della cattedrale di Giovanni in Laterano, nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, sistemò il transetto e la cappella di Sant’Anna, si occupò della progettazione del convento agostiniano tuttora situato nei pressi di Piazza Navona e della trasformazione della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, ambienti delle antiche Terme di Diocleziano che già Michelangelo aveva adattato a luogo di culto.
Dal 1735 fu inoltre architetto della basilica di San Pietro in Vaticano dove si occupò dei lavori di messa in sicurezza della cupola.
Ad Ancona realizzò invece il Lazzaretto, l’Arco Clementino, la cappella delle reliquie di San Ciriaco e la chiesa del Gesù.
A Urbino si occupò dei lavori di restauro e ampliamento di Palazzo Albani (1728-1730), della progettazione della fontana antistante e del rifacimento dell’interno della chiesa di San Domenico, su progetto di Filippo Barigioni (1729-1732).
Nel 1740, a Perugia, progettò la chiesa e il convento degli Olivetani di Montemorcino, attuale sede dell’Università degli Studi di Perugia.
Suo capolavoro nonché la sua opera più conosciuta è la reggia di Caserta, vastissimo palazzo ideato come struttura scenografica e che si armonizza col paesaggio: opera realizzata a partire dal 1752, già neoclassica, ma con reminiscenze barocche, riscontrabili in particolare nella scala regia.
Nello stesso periodo, Vanvitelli realizzò l’imponente acquedotto Carolino, struttura pensata appositamente per fornire l’apporto idrico alla Reggia di Caserta.
A Napoli ristrutturò la basilica della Santissima Annunziata Maggiore, quasi completamente distrutta da un incendio nel 1757: i lavori iniziati nel 1761, furono terminati nel 1782 dal figlio Carlo.
A Milano, nel 1769, a Luigi Vanvitelli fu affidata la trasformazione del Palazzo Vicereale, opera poi realizzata dal suo allievo Giuseppe Piermarini.
Luigi Vanvitelli morì a Caserta nel 1773, lasciando al figlio Carlo, già suo collaboratore in diverse opere, il compito di portare a termine i lavori della Reggia di Caserta.
Opere di Luigi Vanvitelli
Restauro e ampliamento di Palazzo Albani, 1728-1730, Urbino,
Fontana antistante Palazzo Albani, 1729, Urbino,
Rifacimento dell’interno della chiesa di San Domenico, 1729-1732, Urbino,
Due progetti per la facciata della cattedrale di San Giovanni in Laterano a Roma, 1732, progetti presentati per il concorso, non realizzati poiché non risultò vincitore,
Lazzaretto, 1733-1743, Ancona,
Arco Clementino, 1734-1735, Ancona,
Nuovo molo del porto, 1734-1737, Ancona, costruzione sospesa nel 1737 per un incidente e ripresa nel 1756, fu terminata nel 1781 sotto la direzione dell’architetto Carlo Marchionni,
Chiesa del Gesù e contigua casa degli esercizi spirituali, 1733-1743, Ancona,
Interno della chiesa della Misericordia, 1735-1742, Macerata,
Cappella delle Reliquie, 1738-1739, chiesa di San Ciriaco, Ancona,
Chiesa e convento degli Olivetani di Montemorcino, 1739-1764, Perugia,
Chiesa della Maddalena, 1740, Pesaro, opera terminata da Antonio Rinaldi nel 1747 e consacrata nel 1781,
Restauro del Palazzo Apostolico, 1741, Ancona,
Restauro e parziale rifacimento della Rufinella, 1741, Frascati,
Fontana del porto, 1743-1745, Civitavecchia,
Direzione dei lavori di consolidamento della cupola della basilica di San Pietro in Vaticano, 1743-1748,
Restauro degli appartamenti di famiglia nel Palazzo Colonna, 1743-1745, Via del Corso, Roma,
Ampliamento di Palazzo Chigi Odescalchi, 1745-1746, Piazza Santi Apostoli, con la collaborazione dell’architetto Nicola Salvi,
Progetto per la facciata del duomo di Milano, 1745,
Convento di Sant’Agostino, 1745-1746, Roma,
Disegno della facciata della chiesa di San Vito, 1746, Recanati, modificato dal suo collaboratore, Pietro Bernasconi, in fase di realizzazione,
Lavori nella cappella di San Giovanni, 1747, chiesa di San Rocco, Lisbona, in collaborazione con Nicola Salvi,
Lavori di restauro nella chiesa di Sant’Agostino, 1747, Siena,
Portale e cappella del castello di Rocca Priora, 1763,
Restauro e ampliamento della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, 1748, Roma,
Sistemazione del transetto e della cappella di Sant’Anna, 1749, chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, Roma,
Fabbrica per la lavorazione del tabacco sul Gianicolo, ora caserma dei carabinieri, 1750 circa, Roma,
Lavori nella basilica di San Pietro in Vaticano per il Giubileo del 1750, comprendenti la decorazione del presbiterio e la nuova collocazione della Pietà di Michelangelo,
Decorazione del prospetto occidentale e restauro del porticato nord del Palazzo Apostolico, iniziati nel 1751, Loreto,
Campanile, 1750-1755, Loreto,
Cappella Sampajo, 1754-1756, chiesa di Sant’Antonio dei Portoghesi, via dei Portoghesi, Roma,
Casa dei Certosini, 1756-1757, via Giulia, Roma,
Progetto per lo scalone del Palazzo Reale, 1758-1759, Madrid,
Chiesa del Carmine, 1754-1758, Vasto, attribuzione controversa,
Convento di San Francesco, ora sede comunale, 1763-1764, Fano,
Ampliamento del monastero benedettino di Sant’Ambrogio della Massima, piazzetta Serlupi, 1769-1770,
Progetto per la facciata della Loggia della Mercanzia, 1766, Siena,
Progetto per la sistemazione di Palazzo Reale, 1769, Milano,
Attico del Palazzo della Loggia, 1769, Brescia,
Ristrutturazione del duomo di San Feliciano, 1771, Foligno,
Reggia di Caserta, 1752-1772,
Palazzo Reale di Portici, 1752-1764,
Altare maggiore della chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, 1762, Maddaloni, Caserta.
Opere di Luigi Vanvitelli
Arco Clementino
Datazione: 1738,
collocazione: Ancona.
L’Arco Clementino prende il nome da Papa Clemente XII (1730-1740) che, per incentivare le attività economiche della città di Ancona, affidò l’incarico di ammodernare le strutture portuali all’architetto Luigi Vanvitelli
L’arco voluto dal Pontefice fu realizzato nel 1738 e doveva servire come porta monumentale per accedere alla città, una volta arrivati al nuovo porto.
L’opera mostra un ordine dorico e ha due fronti concepiti in modo differente: il fronte verso il mare ha un arco a tutto sesto, è in pietra d’Istria e presenta delle colonne con sopra una trabeazione composta di conchiglie.
Dall’altra parte, il fronte che guarda verso la città, troviamo invece un parametro di mattoni a vista come la cinta muraria in cui è inserito il corridore.
L’attico doveva ospitare una statua settecentesca, raffigurante Papa Clemente XII, proveniente dal portico della cattedrale di San Giovanni in Laterano a Roma e realizzata dallo scultore Agostino Cornacchini (1686-1754): fu poi collocata in piazza del Plebiscito, davanti la chiesa di San Domenico.
Per chi navigava e sbarcava al porto, l’Arco Clementino costituiva una sorta di cannocchiale visivo che consentiva di poter vedere, attraverso la sua arcata, l’Arco di Traiano e la cattedrale di San Ciriaco.
Restauro e ampliamento della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri
Datazione: 1748,
collocazione: Roma.
La costruzione della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma fu voluta da Antonio Lo Duca, un sacerdote siciliano che era devoto al culto degli angeli e i lavori furono affidati a Michelangelo, il grande artista rinascimentale, molto noto e apprezzato per capolavori quali la Pietà vaticana e i dipinti della Cappella Sistina, che nel progetto di questa chiesa, realizzò la sua ultima opera, completata da altri, dopo la morte avvenuta il 18 febbraio 1564.
Papa Pio IV affidò all’anziano Michelangelo il compito di riutilizzare parte delle antiche strutture romane delle Terme di Diocleziano e di trasformarle in una grandiosa basilica dedicata al culto degli angeli.
Dopo la morte di Michelangelo, i lavori furono continuati dal suo allievo Jacopo Del Duca che portò avanti il progetto del Maestro che prevedeva di lasciare intatte le otto enormi colonne di granito e di aprire due porte all’estremità dell’aula.
L’ingresso principale era quello rivolto verso l’attuale stazione Termini (attuale cappella Albergati chiusa poi dall’architetto Clemente Orlandi) in modo che chi entrasse avesse la splendida visione dell’aula rettangolare lunga oltre 90 metri.
Nel corso del XVIII secolo l’architetto Clemente Orlandi modificò notevolmente il progetto michelangiolesco: chiuse le due entrate del transetto, lasciando solo quella su piazza della Repubblica e murò tre degli arconi all’intersezione dei bracci.
Ridusse, così, gli enormi finestroni romani che davano luce alla chiesa, per venire incontro alle richieste dei Papi Benedetto XIII (1724-1730) e Clemente XII Lorenzo Corsini (1730-1740), che, a partire dal 1727, fecero trasportare in questa chiesa, le dodici grandi pale d’altare della basilica di San Pietro in Vaticano dove oggi restano in loco delle copie in mosaico eseguite al posto degli originali trasportati nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri.
Successivamente intervenne Luigi Vanvitelli che apportò ulteriori modifiche alla basilica michelangiolesca: ormai scomparsi i vestiboli laterali che erano stati trasformati in cappelle e chiusi tre dei quattro archi dei vani delle vasche, l’architetto aggiunse all’aula rotonda, un cassettonato dipinto e sopra la cupola, un lanternino.
La navata longitudinale fu ampliata con otto colonne in muratura che dovevano fare riscontro a quelle di granito del transetto.
Inoltre, concluse la trabeazione della chiesa ripetendo le sagome dei tratti di quella romana aggettanti sulle colonne stesse. Ideò la nuova facciata su piazza della Repubblica, unica entrata rimasta per accedere alla chiesa.
Nel 1703 Francesco Bianchini, prelato con gli ordini minori ed erudito di cultura eclettica, tracciò intanto sul pavimento della chiesa, allora in cotto, la nota Meridiana con i segni zodiacali, ispirandosi ai lavori del grande astronomo Gian Domenico Grassini.
Dopo il restauro del Vanvitelli, furono compiuti altri interventi che non alterarono l’aspetto complessivo della chiesa: nel 1772 circa, l’antico altare in legno nel presbiterio fu sostituito con quello attuale in marmo, realizzato forse sulla base di un disegno vanvitelliano, un nuovo organo dietro l’altar maggiore nel presbiterio fu invece montato nel 1847, mentre nel 1855, sul medesimo altare, fu collocato un nuovo ciborio sempre sullo stesso altare.
Nel 1864, su progetto di Francesco Fontana, fu realizzato il nuovo altare della cappella di S. Brunone che sostituì quello settecentesco in legno. Nel 1896 furono eliminati i gradini previsti dal Vanvitelli all’entrata di piazza della Repubblica per raggiungere il piano michelangiolesco dell’interno.
Infine, nel 1911 fu demolita la facciata vanvitelliana rivolta su piazza della Repubblica: quest’operazione fu eseguita per rimettere in vista la nicchia del calidarium, con mattoncini romani recuperati, che tuttavia mostra un rifacimento moderno.
Nello stesso periodo fu demolito anche il lanternino vanvitelliano dell’aula rotonda, sostituito da altri non adatti che lasciavano filtrare l’acqua durante le piogge, finché nel 2001 fu installato quello, modernissimo, in vetro istoriato, ideato dall’artista italo-americano Narcissus Quagliata, allievo di Giorgio De Chirico.
Reggia di Caserta

Datazione: 1752-1772,
collocazione: Caserta.
A Luigi Vanvitelli, Carlo III di Borbone affidò la realizzazione di una terza residenza reale a Caserta, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto costituire il centro di una nuova, regolarissima città.
Nei progetti presentati dall’architetto nel 1751, si nota come il blocco del palazzo doveva diventare il perno di un sistema che prevede da un lato lo sviluppo di un immenso parco e dall’altro lo svolgersi della città entro quadrati regolari, definiti dalle vie che simmetricamente si dipartono dal cortile ovale che precede la reggia stessa.
Dell’ambizioso progetto, tuttavia, furono realizzati soltanto la reggia e il parco. Del resto, i lavori procedettero lentamente, soprattutto dopo la partenza del sovrano per la Spagna (1759), e si protrassero anche dopo la morte di Vanvitelli, sotto la direzione del figlio Carlo.
La reggia di Caserta si colloca nella tradizione delle grandiose residenze reali dell’età dell’assolutismo, che, inaugurata da Versailles, vanta esempi numerosi in tutta Europa; tuttavia, essa si distingue per un’impaginazione più serrata e geometrica, che riflette i desideri del committente, ma soprattutto la rigorosa e lucida impostazione dell’architetto.
La reggia si presenta come un grandioso blocco rettangolare inglobante quattro cortili uguali, definiti da due bracci che si incrociano perpendicolarmente, formando al centro un ampio ottagono posto su due piani.
La lunga facciata anteriore, sopra l’alto basamento a bugnato piatto, presenta una doppia fila di finestre; al centro un motivo a frontone di tempio sottolinea l’ingresso principale ed è equilibrato alle estremità da due ali ugualmente aggettanti e ornate da semicolonne.
Gli stessi motivi simmetricamente si dispongono sulla fronte verso il giardino, animata da una serie di paraste che scandiscono la muratura.
Al regolare impianto planimetrico corrisponde un’altrettanta rigorosa distribuzione degli interni, definiti nella loro articolazione strutturale in accordo con precise esigenze di funzionalità e rappresentanza: ne risulta così un ordine complessivo stringente, variato tuttavia con l’inserto di singoli, felicissimi episodi, come la cappella o il teatro.
Opera spesso vista come già neoclassica per la purezza formale e lo stile sobrio e pacato, la reggia di Caserta mostra tuttavia reminiscenze barocche e diversi elementi contribuiscono a ricondurla entro un gusto rococò.
L’impostazione scenografica, ben evidente nei vestiboli ottagonali che scandiscono il portico centrale, con gallerie anulari coperte a volta e a cupola, dalle quali si aprono vedute in varie direzioni.
Il parco della reggia di Caserta è una delle ultime interpretazioni del grandioso e scenografico giardino barocco: un paesaggio infinito, organizzato intorno a un asse centrale dominante, cui la reggia fa da sfondo.
Il rifornimento idrico del parco era assicurato da un grandioso acquedotto, l’acquedotto carolino, anch’esso realizzato da Vanvitelli, a testimonianza delle sue doti di architetto-ingegnere.
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