Pur non essendoci notizie certe, Nicola Pisano, figlio di Pietro, nacque verosimilmente tra il 1220 e il 1230 circa, in luogo non noto: resta infatti tuttora incerto se quel “de Apulia” che compare accanto al suo nome in due documenti del maggio 1266, stiano a indicare la sua provenienza dalla Puglia o il suo cognome.
In altri documenti, datati tra il 1258 e il 1273, è invece sempre citato come “de Pisis” o “Pisanus”.
Il primo documento in cui viene nominato l’artista risale al 5 aprile 1258: si tratta del testamento che fu dettato a Lucca, dallo scultore Guidobono Bigarelli da Como.
L’attività artistica di Nicola Pisano si può far risalire al 1248, mentre dal 1265, il figlio Giovanni, pisano d’origine, iniziò ad aiutarlo nei lavori.
Prime opere note di Nicola Pisano sono il pergamo del battistero di Pisa (terminato nel 1259-1260) e quello del duomo di Siena (1265-1269). Quest’ultima opera fu realizzata con la collaborazione del figlio Giovanni, dello scultore Arnolfo di Cambio e dei fratelli Lapo e Donato.
Nello stesso tempo, Nicola Pisano si occupò pure della progettazione dell’arca di San Domenico: opera concepita per la chiesa domenicana di Bologna, fu iniziata nel 1261 e conclusa nel 1267.
Nel 1273 lo scultore ebbe l’incarico di realizzare un altare per la cattedrale di Pistoia, successivamente perduto.
A Nicola Pisano è inoltre attribuita l’acquasantiera della chiesa di San Giovanni Fuorcivitas a Pistoia e la decorazione del portale sinistro della facciata della cattedrale di San Martino a Lucca (Natività, Adorazione, Deposizione dalla croce): la critica è in disaccordo sull’autografia e sulla datazione degli altorilievi del portale nord del duomo di Lucca, attribuiti dal biografo cinquecentesco Giorgio Vasari e collocati tra preesistenti elementi decorativi vegetali, stilisticamente riconducibili al tardo-romanico.
Nell’impresa lo scultore era subentrato a Guido Bigarelli, morto nel 1257, responsabile della restante decorazione del supportico.
Si ritiene attualmente che, avvalendosi dell’aiuto della sua scuola, Nicola Pisano sia stato l’autore dell’intero apparato figurativo del portale, e non solo della mirabile Deposizione, opera monumentale tramite la quale lo scultore diede vita a un commovente dramma collettivo, facendo uso di un armonioso legamento delle comparse nel vano lunettato.
Opere della scuola di Nicola Pisano, vicine alla lunetta di San Martino a Lucca, sono a Firenze (Porta S. Giorgio, capitelli di Badia nel Museo Nazionale, Resurrezione nel museo di Santa Croce).
Incerta è l’attività di architetto di Nicola Pisano, menzionata da Giorgio Vasari: gli fu anche attribuita la progettazione della chiesa di Santa Trinita a Firenze, probabilmente costruita dopo la sua morte.
La Fontana Maggiore a Perugia costituisce l’ultima opera documentata di Nicola Pisano: scolpita assieme al figlio Giovanni, fu conclusa nel 1278, su progetto di fra Bevignate e con la consulenza di Boninsegna da Venezia, per gli aspetti idraulici.
Non sono noti il luogo e la data della morte di Nicola Pisano, ma una carta senese del 13 marzo 1284 lo ricordava già morto.
Opere di Nicola Pisano
Pergamo, 1259-1260, rilievi in marmo e colonne in breccia rossa, altezza cm 465, battistero, Pisa,
Pergamo, 1265-1269, marmo e granito, altezza cm 455, duomo, Siena,
Natività, Adorazione, Deposizione dalla croce, 1260 circa, portale sinistro della facciata della cattedrale di San Martino, Lucca,
Arca di San Domenico, 1261-1267, marmo, basilica di San Domenico, Bologna,
Altare, 1273, già nella cattedrale di Pistoia, opera perduta,
Acquasantiera, attribuzione incerta, chiesa di San Giovanni Fuorcivitas,
Fontana Maggiore, 1275-1278, marmo, piazza IV Novembre (già Piazza Grande), Perugia.
Opere di Nicola Pisano
Pergamo (Pisa)

Datazione: 1259-1260,
misure: altezza cm 465,
tecnica: rilievi in marmo e colonne in breccia rossa,
collocazione: battistero, Pisa.
Opera estremamente innovativa, il pergamo del battistero di Pisa presenta anche una struttura nuova rispetto ai precedenti pulpiti solitamente a forma quadrata o rettangolare: qui Nicola Pisano scelse invece la cassa esagonale sorretta da sei colonne, tre delle quali poggianti, con ritmo alterno, su leoni stilofori di tradizione romanica. Al centro è un’altra colonna, sorretta su una base ornata con figure zoomorfe e antropomorfe.
Negli archetti trilobati e nei capitelli, sormontati da personificazioni delle virtù, sono presenti elementi gotici, mentre sono raffigurati profeti ed evangelisti nei pennacchi degli archi.
Inoltre, influenze dell’arte del Sud Italia si riscontrano nei fasci di colonnette rastremate che separano le lastre del pulpito.
Non soltanto la struttura, ma anche lo stile adottato, fanno di questo pergamo, un’opera nuova e rivoluzionaria: sul parapetto sono infatti raffigurate le scene della Natività, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio, la Crocifissione e il Giudizio Finale.
Tutte sculture che riprendono motivi iconografici tradizionali, ma dall’artista trasformate nel pieno rilievo di uno stile potente, del tutto inatteso rispetto a quanto la scultura italiana aveva prodotto fino ad allora.
Il marmo bianco si anima spiccando di fronte a quello rosso delle colonne e le forme gotiche nei pannelli del parapetto, si traducono in un risultato solenne, animato, vibrante e al tempo stesso vagamente classico.
Nel rilievo della Natività, l’affollamento delle figure, lo schema della composizione (in particolare l’atteggiamento maestoso della Madonna giacente) rivelano lo studio dell’antico e la profonda conoscenza delle decorazioni dei sarcofagi romani.
Tuttavia, l’artista dimostra qui l’attitudine a sorvegliare la propria creazione in modo che essa non risulti semplicemente il frutto di un ben calcolato sistema di citazione; il pergamo diventa il luogo in cui l’arte e la norma della classicità vengono assimilate e trasfigurate da una sensibilità moderna.
Nell’Adorazione dei Magi, altrettanto classici paiono i vasi idealizzati dei Magi e quello della Madonna. Nella Crocifissione e soprattutto nel Giudizio finale, le figure, disposte quasi in un vortice attorno al Cristo, creano un senso di spazialità compressa e veemente, che ritornerà all’opera successiva di Nicola Pisano.
Pergamo (Siena)

Datazione: 1265-1269,
misure: altezza cm 455,
tecnica: rilievi in marmo e granito,
collocazione: duomo, Siena.
Realizzato quasi negli stessi anni in cui lavorava all’arca di San Domenico, il pergamo del duomo di Siena fu eseguito da Nicola Pisano con la collaborazione del figlio Giovanni e del fiorentino Arnolfo di Cambio.
A differenza del pergamo di Pisa a pianta esagonale, in quest’altro pergamo di Nicola Pisano, fu adottata una struttura ottagonale: gli archetti trilobati impostati su colonnine poggianti su leoni stilofori rimangono, ma vengono tradotti in scala più monumentale.
È tuttavia nella serie dei sette rilievi che ornano le facce del parapetto, separati questa volta da figure di grandi dimensioni, che si misura il netto distacco tra le due opere.
Sono rappresentate le Storie dell’infanzia e della morte del Redentore, in una sequenza di episodi spesso concentrati su un’unica raffigurazione; segue il celebre Giudizio finale, che occupa da solo gli ultimi due rilievi.
Qui la narrazione si fa concitata, in un ritmo incalzante di gesti concatenati; i volti assumono una forza espressiva fino ad allora sconosciuta, identificando con assoluta precisione i più diversi stati d’animo: l’imperturbabile risolutezza del Cristo Giudice, la tardiva disperazione dei dannati, la trepidante attesa dei beati.
In questo senso il pergamo senese segna il progressivo e cosciente avvicinamento di Nicola Pisano alla componente gotica, pur permanendo la forte impronta classica nella compattezza della composizione e nella salda, possente plasticità delle figure.
Arca di San Domenico

Datazione: 1261-1267,
misure: altezza cm 455,
tecnica: opera in marmo,
collocazione: basilica di San Domenico, Bologna.
Realizzata per conservare il corpo di San Domenico, l’arca della basilica domenicana di Bologna è uno dei più significativi e importanti monumenti scultorei italiani: eseguita in tempi diversi e da varie mani, è collocata nella cappella a pianta quadrata e abside semicircolare, situata a metà della navata laterale destra.
L’arca è costituita da un’urna realizzata da Nicola Pisano e dai suoi aiutanti, tra i quali Arnolfo di Cambio, e da un’alta cimasa, opera di Niccolò da Bari.
Nel 1494 Michelangelo vi aggiunse inoltre le statue di un Angelo, di San Procolo e di San Petronio e nel 1539 Girolamo Coltellini la completò.
Sul lato frontale dell’arca, è presente una Madonna col Bambino, mentre ai lati sono raffigurate Scene della vita di San Domenico: a sinistra la Resurrezione di Napoleone Orsini dopo una caduta da cavallo e a destra, Il rogo dei libri degli albigesi.
Queste scene presentano uno o più livelli di personaggi che assistono alle scene principali collocate in primo piano e sono stilisticamente riconducibili alla mano di Nicola Pisano.
Meno percepibile è invece l’intervento di Arnolfo di Cambio al quale possono essere attribuiti alcuni volti, la figura di San Domenico che si piega in avanti e il cavallo chiaramente ispirato ad un sarcofago antico, ma rielaborato con un astrattismo gotico.
Nella scena sul lato destro troviamo invece degli angeli raffigurati come dei giovinetti che stanno portando il pane alla mensa di San Domenico.
Sul lato posteriore sono scolpite le Scene del Voto di Reginaldo, il suo svenimento e il suo risveglio con la Madonna che gli presenta l’abito domenicano.
Inoltre, troviamo pure raffigurate le scene di San Domenico che chiede a Papa Innocenzo III l’approvazione della regola, il Sogno di Papa Innocenzo III e la Consegna del Vangelo da parte del Pontefice a San Domenico.
Infine, nell’ultimo pannello è l’Apparizione degli apostoli Pietro e Paolo che affidano a San Domenico il Vangelo e il bastone, simbolo dell’apostolato peregrinante e il Santo che trasmette il Vangelo ai confratelli.
Fontana Maggiore

Datazione: 1275-1278,
tecnica: opera in marmo,
collocazione: piazza IV Novembre (già Piazza Grande).
Ultima opera documentata di Nicola Pisano, la Fontana Maggiore a Perugia, fu scolpita assieme al figlio Giovanni, tra il 1275 e il 1278, su progetto di fra Bevignate e con la consulenza di Boninsegna da Venezia, per gli aspetti idraulici.
L’opera è decorata dalle figurazioni dei mesi e delle arti, dei santi e delle personificazioni, lungo il doppio giro di fasce poligonali delle due vasche, rispettivamente di venticinque e di dodici facce.
Nella fascia della vasca minore, poggiante su colonnine, le facce del poligono, completamente lisce, sono spartite ai punti di intersezione da figure di santi e da personificazioni, come la Chiesa romana (Ecclesia romana) e la città di Perugia (Augusta Perusia).
Nel bacino inferiore invece, gli specchi, divisi fra loro da fasci di colonnine, sono riccamente scolpiti: vi sono rappresentati il ciclo dei mesi, le arti liberali, ma anche scene dell’Antico Testamento e raffigurazioni mitologiche con evidente scopo moralizzante.
La presenza dei numerosi collaboratori emerge con maggiore evidenza in quest’ultima opera di Nicola Pisano: in particolare le sculture delle vasche sono riconducibili a interventi del figlio Giovanni Pisano.
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