Poco sappiamo della vita del pittore Pieter Bruegel detto il Vecchio o il Bruegel dei contadini, ricostruibile principalmente dalla breve biografia scritta nel 1604, da Karel van Mander, nel suo Schilder-Boek: sulla base di quanto riportato, sappiamo che Pieter Bruegel sarebbe nato in un villaggio presso Breda e avrebbe preso dal nome di questo villaggio il suo cognome. Il luogo di nascita è concordemente accettato dagli studiosi, ma il cognome lo avrebbe invece ereditato dal padre.
Non noto è invece l’anno di nascita di Pieter Bruegel il Vecchio che si ritiene possa essere nato attorno al 1525, si formò nella bottega di Pieter Koeck van Aalst (1502-1550) e lavorò poi presso Hieronymus Kock-Wellens (1510? -1570), il grande editore di incisioni.
Sin dal 1550 conobbe le opere del manierismo italiano perché in quell’anno giunse ad Anversa, Giorgio Ghisi (1520-1582), per far preparare nella bottega del Kock le lastre per le incisioni delle opere di Raffaello e Michelangelo.
Nel 1551 Bruegel si iscrisse alla Gilda di San Luca di Anversa e l’anno successivo, partì per la Francia e l’Italia, come già avevano fatto prima di lui entrambi i suoi maestri.
Nel 1552 l’artista doveva essere già nell’Italia meridionale come si può dedurre da uno dei suoi disegni, conservato nel Museo Boymans di Rotterdam: raffigura infatti l’incendio di Reggio Calabria, causato dall’assalto turco nel 1552, del quale Bruegel deve essere stato testimone oculare.
Molti altri disegni testimoniano invece il cammino dell’artista sulle Alpi anche se raramente i luoghi sono identificabili con precisione ed è possibile pure che in certi casi si tratti di paesaggi di fantasia. A proposito dei paesaggi, Karel van Mander scriveva:
“Durante i suoi viaggi ha disegnato tanti paesaggi da potersi dire che, quand’era sulle Alpi, abbia inghiottito tutti i monti e le rocce, per risputarle poi, tornato a casa, sulle tele e sulle tavole: tanto era fedele alla natura, sia in questa che in altre circostanze”.
Intorno al 1554, Bruegel tornò in patria dove iniziò a disegnare per la ditta Kock, un gran numero di modelli a soggetto allegorico, il cui complesso contenuto è oggetto di vari studi, con la ricerca dei significati e delle molteplici e ricchissime allegorie.
Nel 1563 l’artista si trasferì a Bruxelles dove sposò Mayken, figlia di Hieronymus Kock con il quale aveva lavorato e in questo periodo realizzò quadri a soggetto sacro, scene giocose ispirate alla vita e alle feste dei contadini, la serie bellissima dei Mesi, elaborazione ultima di quel tema del paesaggio che aveva affascinato l’artista fin dai suoi anni più giovanili.
In tutte queste sue opere, la ricchezza della fantasia, l’umanità profonda, la palese conoscenza delle scienze umanistiche e classiche, dimostrano che Bruegel fu in stretto contatto col mondo colto dell’Umanesimo.
Pieter Bruegel morì il 9 settembre 1569 e fu sepolto a Bruxelles, nel cimitero della chiesa di Notre-Dame-de-la-Chapelle.
Opere di Pieter Bruegel il Vecchio
Combattimento tra il Carnevale e la Quaresima, 1559, olio su tavola, cm 118×165, Kunsthistorisches Museum, Vienna,
Giochi di bambini, 1560, olio su tavola, cm 118×161, Kunsthistorisches Museum, Vienna,
Dulle Griet (La pazza Greta), 1562, olio su tavola, cm 115×161, Museum Mayer van den Bergh, Anversa,
La caduta degli angeli ribelli, 1562, olio su tavola, cm 117×162, Musées Royaux des Beaux Arts, Bruxelles,
Trionfo della Morte, 1562 circa, olio su tavola, cm 117×162, Museo del Prado, Madrid,
L’adorazione dei Magi, 1564, olio su tavola, cm 108×83, National Gallery, Londra,
Salita al Calvario, 1564, olio su tavola, cm 124×70, Kunsthistorisches Museum, Vienna,
Cacciatori nella neve (Gennaio), 1565, olio su tavola, cm 117×162, Kunsthistorisches Museum, Vienna,
La giornata oscura (Febbraio), 1565, olio su tavola, cm 118×163, Kunsthistorisches Museum, Vienna,
Il rientro della mandria (Novembre), 1565, olio su tavola, cm 117×159, Kunsthistorisches Museum, Vienna,
Nozze di contadini, 1565-1566, olio su tavola, cm 114×163, Kunsthistorisches Museum, Vienna,
Danza campestre, 1565-1566, olio su tavola, cm 114×164, Kunsthistorisches Museum, Vienna,
Il paese della cuccagna, 1567, olio su tavola, cm 52×78, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera,
I ciechi, 1568, olio su tavola, cm 56×154, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli.
Opere di Pieter Bruegel il Vecchio
Dulle Griet (La pazza Greta)
Datazione: 1562,
misure: cm 115×161
tecnica: olio su tavola,
collocazione: Museum Mayer van der Bergh, Anversa.
La pazza Greta è il soggetto questo dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio: una donna corre sullo sfondo dell’opera, indossando una specie di armatura. Rispetto a tutti gli altri personaggi, è una figura enorme e si sta dirigendo oltre la bocca spalancata dell’Inferno.
Dietro di lei, alcune donne hanno iniziato a saccheggiare. Sono poi raffigurati dei soldati che stanno entrando nella scena sulla destra, mostri bizzarri, strane creature e strutture. L’orizzonte sembra essere in fiamme.
Un’opera che non ha nulla di pacatezza, di armonia, ma tutto volge al disordine e al caos: dopo essere stata acquistata da Fritz Mayer van den Bergh, lo studioso Max Friedländer lo definì giustamente “un dipinto vulcanico”.
Molto è già stato detto e scritto su La pazza Greta: il dipinto sembra riguardare la battaglia dei sessi. Il rapporto uomo-donna è stato il tema delle commedie e di altre opere d’arte fin dall’antichità. Bruegel ha lasciato correre la sua immaginazione e ha tratto ispirazione per questo lavoro dal suo predecessore, Hieronymus Bosch. Il dipinto raffigura anche una sorta di mondo sottosopra: le donne indossano infatti i pantaloni.
La torre di Babele

Datazione: 1563,
misure: cm 114×155,
tecnica: olio su tavola,
collocazione: Kunsthistorisches Museum, Vienna.
Carel van Mander, il biografo dei pittori fiamminghi ricordava che La torre di Babele, dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, era nel 1604, in possesso dell’imperatore Rodolfo II, assieme a un dipinto gemello. Una delle due opere è quella attualmente a Vienna, nel Kunsthistorisches Museum, mentre l’altra, più piccola, è conservata nel Boijmans Van Beuningen Museum di Rotterdam.
Bruegel interpretò il soggetto biblico, concependo l’opera come un’allegoria della superbia umana e del carattere fallimentare di ogni impresa tentata dall’uomo senza tener conto del volere di Dio.
L’imponente costruzione, vista a volo d’uccello e che quasi schiaccia con la propria mole la città circostante, a prima vista sembra estremamente solida, con la sua spropositata base fondata su grandi massi: a una più attenta osservazione, si nota, però che la struttura è assurda e non realizzabile, come se mancasse qualsiasi progetto logico.
La torre trae ispirazione dall’architettura del Colosseo, edificio tradizionalmente indicato come il luogo del martirio di molti cristiani e per questo simbolo della superbia e della sfida a Dio degli imperatori romani.
Questo modello viene rielaborato in questo dipinto, utilizzando termini del tutto di fantasia: le alte gallerie a volte portano tutte verso il centro dell’edificio, dove si alza una struttura cilindrica che non sembra avere una funzione precisa.
Le gallerie non sono poi in contraddizione con il camminamento che corre lungo i piani esterni, che sembra costituito da una serie sovrapposta di terrazze orizzontali, sostenute da contrafforti verticali: questa struttura verticale-orizzontale è sfasata rispetto alle gallerie interne, con il risultato che il “guscio” esterno sembra incompatibile, dal punto di vista strutturale, con l’interno.
La torre investe dunque l’osservatore con la sua solennità e apparente robustezza, ma si rivela, pian piano, come illogica e impossibile, frutto distorto della superbia degli uomini che inutilmente si affannano intorno a essa (si vedano il re, la sua corte e i tagliapietre sulla sinistra).
Adorazione dei Re Magi
Datazione: 1564,
misure: cm 112,1 × 83,9,
tecnica: olio su tavola di quercia, collocazione: National Gallery, Londra.
Opera datata e firmata, il dipinto dell’Adorazione dei Re Magi di Pieter Bruegel il Vecchio, conservato nella National Gallery di Londra, mostra la Madonna seduta davanti a una stalla fatiscente con Gesù Bambino sulle ginocchia.
Intorno a lei, tre uomini offrono doni d’oro: è la scena dell’Adorazione dei Re Magi, raffigurata come se fosse un evento contemporaneo.
Poiché l’Epifania si celebra il 6 gennaio, l’artista mise in risalto gli aspetti di una tipica fredda giornata invernale: troviamo quindi la Madonna che indossa una veste con maniche foderate di pelliccia, San Giuseppe ha una veste dalla cintura spessa e tiene un cappello ed il resto dei personaggi sono ben coperti. Nonostante il freddo, il sole splende: il cielo era originariamente blu e l’armatura dei soldati riflette una luce brillante.
Il formato verticale e la ricca colorazione di questo dipinto – alcuni colori sono sbiaditi, in particolare i rossi, i rosa e i viola, mentre i blu sarebbero stati più luminosi e vari – possono far pensare che questo dipinto sia stato concepito come una pala d’altare: tuttavia l’atmosfera cupa sembra in contrasto con un’opera devozionale e molte delle figure sembrano delle caricature.
Gaspare e Melchiorre, a sinistra, sono riccamente vestiti ma mostrano espressioni buffe e capigliature disordinate, a destra, Baldassare ha una corona appena accennata. Alcuni personaggi sembrano mostrare espressioni di rabbia, disorientamento, stupore.
Si noti pure che il cappello e il profilo dell’uomo accanto a San Giuseppe fanno eco all’asino dietro. La minacciosa banda di soldati richiama alla mente coloro che vorrebbero crocifiggere Cristo, mentre Gesù bambino sembra scostarsi da Gaspare ed è avvolto da un drappo bianco che ricorda un sudario.
Pare che Bruegel abbia realizzato questo dipinto in breve tempo: il terreno è infatti in alcuni punti irregolare, forse perché è stato posato troppo in fretta. Inoltre, la trama delle pennellate è visibile attraverso la vernice, così come il disegno di base, che è stato eseguito molto rapidamente seguendo un disegno elaborato in anticipo. Osservando da vicino, si può vedere dove Bruegel apportò piccole modifiche alla posizione dello stivale di Baldassare e alla mano originariamente sul coperchio della tazza di Melchiorre.
La vernice stessa era per lo più applicata in modo molto sottile, ma a volte veniva impastata o punteggiata con pennelli rigidi. Bruegel usava i pennelli sia per rimuovere che per applicare la vernice, a volte in un solo colpo, e lavorava persino la vernice con le dita. Si nota pure che dipinse la sua firma così rapidamente che sbagliò a scrivere il suo nome, dovendolo poi correggere.
Il ritorno della mandria
Datazione: 1565,
misure: cm 117×159,
tecnica: olio su tavola,
collocazione: Kunsthistorisches Museum, Vienna.
La serie dei quadri dei Mesi, di cui questo dipinto fa parte, in particolare rappresenta un momento importante per la comprensione dell’artista, che con essa dà prova di essere non solo un “cronista” della vita contadina, ma anche uno dei più grandi paesaggisti dell’arte occidentale.
In quest’opera l’artista raggiunse un altissimo livello di verità e insieme di poesia nella descrizione della natura, resa qui attraverso i colori caldi e terrosi dell’autunno e degli uomini che animano il paesaggio colti nelle loro occupazioni.
Corrispondente al periodo del tardo autunno, Il ritorno della mandria presenta uno schema simile a quello delle altre tele della serie: un primo piano in cui si concentra l’attività umana e un paesaggio in cui la natura sovrasta, nella sua maestà e forza, figure e villaggi.
Qui il piano degli uomini al lavoro e quello del paesaggio sono connessi dal movimento della mandria, che giunge da destra, compie un mezzo giro di fronte all’osservatore e si dirige poi, in profondità, verso il villaggio in fondo a sinistra.
Così il nostro sguardo è guidato dal paesaggio sulla destra, dove scorre un fiume e si addensa la tempesta, al bosco autunnale a sinistra, dominato da splendidi toni bruno-rossicci e verdastri.
In questa, come in molte altre scene del mondo contadino tante volte raccontato dal pittore, il lento movimento delle figure e del cielo, in parte coperto e in parte sereno, diventa una sorta di metafora della circolarità del tempo e delle stagioni.
Nel paesaggio, impostato su tonalità pure e contrastanti, si affollano figure che aumentano l’effetto di dilatazione spaziale e lo scorcio montano è perfettamente reso attraverso un’estrema caratterizzazione naturalistica.
Bibliografia
Giuseppe Faggin (a cura di), Bruegel, Milano 1953
Bruegel: the paintings, complete edition by F. Grossmann, Londra 1966
Piero Bianconi, Bruegel, Bologna 1979
Tiziana Frati (a cura di), Bruegel, Milano 1980
Alexander Wied (a cura di), Bruegel, Milano 2003
Larry Silver, Pieter Bruegel, New York; London: Abbeville press, 2011
Marco Bussagli, Bruegel: 1526 circa-1569, Milano 2019
Pieter Bruegel il Vecchio: Il censimento di Betlemme, con un testo di Philippe Daverio, Milano 2020